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Pace e diritti
Bolivia
Ott 2025

Maria Triban, dall’Italia alla Bolivia sulle tracce del “populismo penale”

Maria Triban ha scelto di dedicare la sua tesi al fenomeno della criminalità giovanile, nell’ambito dell’Honours Programme Talete del Centro di Cooperazione Internazionale di Trento, mettendo a confronto due contesti: l’Italia e la Bolivia. È stata in Bolivia con Progettomondo per seguire sul campo il progetto di prevenzione della criminalità giovanile “Agire per contesti sicuri”, promosso dalla nostra organizzazione e frutto di anni di attività nel Paese andino sul tema della giustizia riparativa.

Progettomondo, infatti, ha contribuito alla riforma del Codice del Bambino, Bambina e Adolescente, entrato in vigore dopo la riforma della legislazione in materia di diritto penale minorile. Nel 2011 abbiamo inaugurato il Centro Qalauma, una struttura, unica in tutto il Paese per la reintegrazione sociale degli adolescenti e giovani in conflitto con la legge, e l’esperienza, sempre più consolidata, in materia di giustizia, ci ha portati a garantire assistenza tecnica al Ministero di Giustizia boliviano, dall’ideazione del Codice alla sua revisione normativa.

Prima di partire, Maria nutriva qualche timore, il paragone le sembrava complesso da mettere in pratica, e soprattutto nutriva la preoccupazione che la conclusione del suo lavoro potesse ridursi all’enfatizzazione di un pregiudizio verso i paesi sudamericani, rafforzando lo stereotipo europeo che li vede come realtà che hanno ancora molta strada da fare per raggiungere gli standard occidentali. Queste preoccupazioni si sono però dissolte fin da subito. Abrham Colque, coordinatore socioeducativo per Progettomondo in Bolivia, le ha fatto cambiare subito idea e nel primo colloquio con Progettomondo, Maria si è trovato di fronte a un team composto quasi interamente da persone boliviane, immerse nel contesto locale e lontane dalle logiche occidentali.

Nelle prime settimane si è dedicata alla ricerca legislativa, che si è rivelata preziosa anche per il team di Progettomondo, visto che la disponibilità di dati attendibili – non facili da reperire – è essenziale per programmare interventi efficaci. Ha così scoperto che la Costituzione boliviana del 2009 è molto più recente e avanzata di molte di quelle europee. Frutto di un processo di autodeterminazione dopo un passato coloniale, essa dedica infatti ampio spazio alla tutela dell’ambiente, un tema assente nella Costituzione italiana del 1948. Anche nel campo della giustizia minorile, la Bolivia dispone di un codice penale specifico – il “Código de Niños, Niñas y Adolescentes” del 2014 – mentre in Italia la materia è regolata da un decreto del 1988, più settoriale e incompleto.

Terminata la fase di ricerca, Maria ha iniziato a collaborare a eventi locali nelle città di Cochabamba, Santa Cruz e La Paz. Ha osservato il sorprendente protagonismo giovanile: ragazze e ragazzi sono coinvolti attivamente, ascoltati e parte integrante del processo decisionale. In Italia, invece, la giustizia minorile è ancora fortemente mediata dal mondo adulto, con un linguaggio distante dai reali bisogni dei giovani.

Durante il suo periodo di approfondimento e ricerca, ha partecipato anche a un corso di prevenzione sociale tenuto dal criminologo messicano Daniel Cunjama, esperto di modelli di prevenzione della delinquenza. Da questa esperienza ha compreso quanto sia cruciale intervenire sui fattori di rischio – come il disagio socioeconomico o la mancanza di sostegno familiare – e al tempo stesso creare fattori protettivi, ad esempio spazi di aggregazione o attività culturali. Si tratta però di strategie i cui risultati si vedono solo nel lungo periodo.

In Italia, approcci simili sono promossi da Rossella Selmini, presidente della Società Italiana di Criminologia, che evidenzia l’importanza di un approccio integrato tra prevenzione sociale e situazionale. Secondo questa prospettiva, è necessario un lavoro multidisciplinare che favorisca l’aggregazione e renda gli spazi più vivibili, agendo così sui fattori di rischio.

Maria ha notato come, tanto in Italia quanto in Bolivia, di fronte a episodi di violenza estrema, i governi tendano a reagire aumentando le pene e il controllo sociale. Nel breve periodo ciò può far sentire la popolazione più sicura, ma non incide realmente sulla riduzione della violenza giovanile. Si tratta, spiega Maria, di una forma di “populismo penale”, che sfrutta la paura e la legge come strumento politico.

Italia e Bolivia hanno molto da imparare l’una dall’altra”, conclude la giovane laureata. “La Bolivia potrebbe trarre vantaggio dall’adozione di un piano nazionale di prevenzione strutturato e dal miglioramento dei sistemi di monitoraggio dei dati; l’Italia, invece, dovrebbe ispirarsi alla partecipazione attiva dei giovani che caratterizza l’esperienza boliviana, e favorire un miglioramento della legislazione cercando di renderla più attuale e meno punitiva, anche se il trend è l’esatto opposto”.

Maria ha intrapreso questa esperienza grazie al programma Talete, promosso dal Centro per la Cooperazione Internazionale di Trento, rivolto a studentesse e studenti delle facoltà di sociologia, giurisprudenza e ingegneria. Un percorso che le ha permesso non solo di completare la sua tesi, ma anche di mettere in discussione i propri pregiudizi e di scoprire nuove prospettive sulla giustizia minorile nel mondo.

Sempre all’interno dello stesso programma Maria Rocelli, della facoltà di giurisprudenza, è partita con Progettomondo in Bolivia per approfondire il tema della giustizia riparativa e del carcere minorile monitorando progetti di prevenzione della violenza.

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